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Circolo Acli Oscar Romero di Ciserano (BG): Un circolo sotto il cappello dell'incontro tra le tre grandi religioni che riscopre il lavoro

Il circolo Acli Mons Romero di Ciserano (BG). 

Chiacchierata con Franco Moro e Aldo Donzelli in occasione della Giornata Nazionale dei Promotori Sociali del Patronato Acli. 

Il circolo Acli di Ciserano, è nato negli anni 60, da qualche parte abbiamo foto delle manifestazioni del primo maggio di quegli anni, foto di piazza… C’era già un altro circolo Acli a Zingonia, nel quartiere operaio, ce n’erano altri a Ciserano, Verdellino, Boltiere... Poi sono state fatte scelte pubbliche che hanno portato a tante discussioni... è stata fatta l’ipotesi di una scuola unica a Zingonia, per tutti. La gente ha rifiutato e se lo ricordano ancora tutti, la “rivoluzione dei banchi” con tutti i genitori con i banchi in testa, che li riportano da dove sono arrivati. A ripensarci adesso, a distanza di anni, chissà cosa sarebbe stato se la storia fosse andata diversamente…ma, vista a quei tempi, la proposta sicuramente non andava bene. I palazzoni di Zingonia erano un fatto speculativo, accettare di svuotare i paesi per spostarsi lì voleva dire snaturare tutto il territorio. Di 5 comuni esistenti se ne voleva fare uno unico, invece si è raggiunto il contrario, in fondo oggi ognuno dei Paesi ha il suo “quartiere Zingonia”. In questo periodo il circolo è andato avanti, con fasi vive e fasi un po’ silenti…

Voi quindi siete presidente e vicepresidente del circolo?

Beh, in realtà io non sono più vicepresidente, da qualche settimana. Mi sono appena dimesso e abbiamo eletto una nuova vicepresidente, che è la ragazza che sta terminando il suo servizio civile presso di noi e che, tra le altre cose, è musulmana

Una vicepresidente donna, giovane e musulmana? Interessante, ci sono stati tanti anni di dibattito su questo in tanti momenti formativi Acli… ma forse oggi anche la Chiesa è cambiata…Anche altre associazioni cristiane stanno facendo nascere opportunità di accoglienza di persone da altre religioni…

 

Devo dire che la domanda di se fosse lecito o meno non ce la siamo proprio posti, per noi è stata una cosa naturale e di senso. Ci sono già state varie presidenti donne del circolo e poi la comune radice di Abramo tra le grandi religioni è uno degli assi portanti per noi, da sempre e anche ultimamente abbiamo riproposto un percorso di approfondimento su questo. E con l’esperienza di Molte fedi provinciale, la riflessione su questo è molto avanzata. Inoltre ci ha molto colpito perché, quando è arrivata, ha voluto molto approfondire tutti gli aspetti, seriamente, non ha avuto un arrivo alla leggera. Poi abbiamo condiviso un anno e oggi che è molto attiva e che sta finendo il servizio civile è venuto naturale farle questa proposta e lei e tutti l’hanno accettata molto volentieri. 

Cosa ha portato alla rinascita come circolo, dopo la fase un po’ “silente”? 

Eravamo tutti ragazzi dell’Oratorio, c’è stato un cambio del curato, che era quello che ci aveva un po’ formato a tutti noi, siamo entrati un po’ in contrasto con la parrocchia e ci siamo posti il problema: cosa facciamo?  Eravamo stati formati alla sensibilità sociale, alla continuità dell’azione, ci siamo posti la domanda su come proseguire la nostra formazione al sociale, da lì è nata l’idea di fare le Acli. 

E perché proprio le Acli? Come le avevate conosciute? 

Io da ragazzo ero metalmeccanico, le vedevo le Acli, quando facevamo le manifestazioni, un gruppo sparuto di bandiere bianche in un mare di bandiere rosse. Erano pochi, ma erano sempre presenti. Non conoscevo bene cosa facevano ma il primo aggancio è arrivato da lì. Poi siamo andati a parlare con il provinciale e abbiamo fatto un percorso formativo con loro, questo ha aiutato a valutare la compatibilità…


Quali sono state le principali iniziative?   

Beh, negli anni c’è stato davvero un po’ di tutto! Per esempio il Progetto Abraham è stata una bella cosa ed è un filo conduttore che torna, nel tempo.  Visto che eravamo in zona di piena immigrazione, siamo partiti con il progetto MOPL, Movimento primo lavoro, poi abbiamo fondato la cooperativa sociale 19 luglio che è stata banco di prova per la nascita dei centri di aggregazione giovanile in provinciale di Bergamo. Ci sono pubblicazioni in giro su questo in cui siamo citati. Io ero il presidente della cooperativa, perché come presidente anche del circolo davo più garanzia morale di indirizzo unitario. A cavallo tra circolo e cooperativa è nato il progetto “Abraham, unica fede per tre popoli”, siamo stati tra i primi a livello italiano, è venuto anche il presidente nazionale di quel periodo, Luigi Bobba, a visitarci. E’ stata un’esperienza che abbiamo realizzato con il contributo di Regione Lombardia e provincia di Bergamo e con un mutuo nostro, come cooperativa, da più di 1 miliardo. L’iniziativa prevedeva la costruzione di appartamenti che poi, in parte, sarebbero stati assegnati in affitto e alcuni appartamenti che sarebbero stati assegnati a persone in difficoltà. Inizialmente l’accoglienza doveva essere temporanea, poi però ci siamo resi conto che serviva stabilità e abbiamo assegnato a famiglie per tempi un filo maggiore. Siamo andati avanti fino a che l’iniziativa ha retto. Poi, in quello che oggi si chiamerebbe housing sociale, sono entrate cooperative da tutta Italia, con gestione folle dei costi e noi nella nostra dimensione non reggevamo più. Si rischiava di perdere tutto, allora abbiamo scelto la fusione con un’altra cooperativa “Lavorare insieme”, sempre nata da MOPL, che poi era andata più in autonomia, come è anche normale per le cooperative: ci sono bilanci, decisioni da prendere, risposte da dare… non sempre è compatibile con le modalità di discussione associativa… Ci siamo fusi con loro. ma abbiamo mantenuto i rapporti, ad esempio la giornata di apertura dell’anno sociale 3 anni fa’, l’abbiamo fatta lì. 

Ci sono stati periodi più faticosi, come circolo, oltre che come cooperativa? 

Negli anni a cavallo tra il 2000 e 2015 c’è stato un po’ un tenere acceso il lumicino che magari non vedeva tanta prospettiva, ma che è stato ciò che poi ci ha permesso di rilanciare e passare il testimone. In parte eravamo in una fase di vita per cui le famiglie chiedevano più attenzione, in parte non mi ero trovato tanto in linea su alcune scelte delle Acli Nazionali… ma il circolo comunque andava avanti, sono state fatte iniziative sulla messa in rete dei bisogni delle famiglie, in quegli anni, uno psicologo veniva e raccoglieva argomenti che poi si rilanciavano in uno spazio comune. Erano iniziative che giravano attorno anche alle famiglie dell’oratorio… Le nostre icone in quel periodo erano persone come Monsignor Romero…

Poi cosa è successo? Oggi in che fase siete? 

Poi ci siamo riscoperti un po’ la L di Acli e abbiamo aperto gli sportelli lavoro e da lì il circolo è ripartito. Nel periodo covid facevamo iniziative online, io lo odiavo, mi vergognavo a stare in video… ma per tenere legato il Paese abbiamo intervistato il sindaco, il parroco, le associazioni, abbiamo provato a raccontare quello che eravamo, era un modo per sentire che c’eravamo ancora, come Paese... Abbiamo provato a mantenere una certa socialità… 

Siamo ripartiti con la rete lavoroAbbiamo aderito subito perché il lavoro era una delle “grazie” delle Acli, ci è venuto logico. Siamo partiti con l’idea di aiutare a fare il Cv. Subito ci siamo accorti che il CV per le persone che venivano era l’ultimo dei problemi. Arrivavano persone con tantissimi problemi, con storie complicate, con famiglie sfasciate.... Noi abbiamo avuto la fortuna di trovare una Assistente Sociale molto sensibile e abbiamo creato una rete con lei e con la San Vincenzo, il centro di ascolto Caritas. Abbiamo iniziato ad affrontare assieme i problemi che emergevano, nascosti dietro la richiesta di CV o di lavoro e quindi abbiamo iniziato a creare tirocini di inserimento sociale. 

Nel concreto succede che le persone vanno alla San Vincenzo, che distribuisce pacchi e quando prendono il pacco le persone della San Vincenzo chiedono “Hai un lavoro? No? Allora vai alle Acli a fare il CV”. E le persone arrivano e raccontando la storia, per fare il CV, emerge di tutto: casa, bollette… e con queste richieste noi siamo andati a prendere contatto con l’Assistente Sociale, per capire cosa anche il Comune può fare.  Mettendo insieme le forze si sono create borse lavoro.


Come si sono trovati i soldi per le borse lavoro? 

 

In parte dalla San Vincenzo o da altri, a cui abbiamo chiesto, in parte sono autofinanziate con iniziative come lo spiedo solidale, i pranzi, il primo maggio… Ciò che ha funzionato è stata la rete. Anche la San Vincenzo aveva l’esigenza di uscire dallo “schema pacco” e quindi hanno avuto piacere a cofinanziare alcune cose con noi, anche la Caritas. 

Chi sta allo sportello? Dove è il collegamento con i promotori sociali? 

Allo sportello siamo in 4. Come provinciale si è deciso di non dividerci in categorie: Promotori sociali e Volontari Acli, ma di tenere assieme tutti i volontari che agiscono volontariamente. Quindi noi siamo qui come Promotori, in base a questo lavoro volontario che facciamo con gli sportelli lavoro. Per fare i tirocini siamo andati in giro per il territorio, abbiamo preso contatto con le aziende. Ad un certo punto ci siamo resi conto che per alcuni ruoli c’erano più offerte che domande di lavoro, che non avevamo operai specializzati per ciò che le aziende cercavano. Allora abbiamo proposto alle aziende di investire sulla formazione e loro hanno visto che preferivano assumere una persona fidata e formata da loro stessi, all’interno, piuttosto che continuare a cercare persone che non trovavano o che poi non restavano. Sulla formazione ci ha aiutato Enaip e siamo anche stati fortunati, il primo incontro in una ditta di Zingonia ha fatto partire il primo tirocinio, da quel primo che è andato a buon fine ne sono venuti poi altri 6, alcuni anche 55enni che poi sono stati assunti. 

Così facendo vi siete assunti una bella responsabilità, come circolo, perché tutto si basava sul segnalare una persona “fidata”…

Si, ci siamo presi una responsabilità. Ma prendersi responsabilità è il mestiere delle Acli. Che è anche la responsabilità di non segnalare tutti. In alcune situazioni, per certi ruoli, abbiamo detto: questa persona non possiamo inviarla, perché non è ancora pronta… Ma non è andato sempre bene. Il primo CV è andato male. E’ stata una esperienza forte per noi, ce l’abbiamo appeso in sede quel CV. Era una persona rumena, dormiva in macchina, si è presentato con una completa sfiducia, ci abbiamo messo tempo a costruire un contatto reale. Ad un certo punto è emerso che io ero stato nel Paese da cui proveniva, questo ha fatto scattare un rapporto. Da lì si è costruito, quando i documenti per il tirocinio lavorativo erano pronti, lui è stato ricoverato in ospedale ed in pochissimo tempo è morto. Per noi è stata una botta. La sua storia, il nostro fallimento, il prendere consapevolezza di un caso di solitudine estrema, in un Paese come il nostro… 

Prendere contatto con solitudine estrema, rendersi conto che non sempre si riesce…

No, non sempre si riesce a risolvere, le botte restano, ma si continua a farsi interpellare da quello che succede. Tramite la San Vincenzo siamo venuti a sapere di una famiglia rom non mandava più la figlia a scuola perché, seppur giovanissima, era promessa sposa e per loro non poteva andare a scuola… E’ stato uno shock culturale per noi. Ci abbiamo anche lavorato sul tema dello shock culturale, di come, di fronte a certe cose che ti spiazzano, c’è bisogno di non giudicare, di comprendere che esistono culture diverse con valori diversi, ma anche di provare a fare qualcosa… 

Da lì è nata l’idea della scuola parentale, in cui però gli insegnanti non potevano essere i parenti, perché i parenti erano analfabeti. Abbiamo trovato una insegnante, che in quel momento non insegnava e che si è resa disponibile e che li ha accompagnati fino all’esame di terza media. 

Dopo questo primo caso l’Assistente Sociale ci ha segnalato altri ragazzi con problemi di apprendimento e che non riuscivano a rientrare in progetti consolidati. Abbiamo iniziato con un paio di ragazze universitarie, adesso sono in 8. Siamo andati con loro a Barbiana, a visitare la scuola e conoscere la storia di don Milani, per cui dopo abbiamo deciso di chiamare “I care” questa nostra iniziativa di sostegno scuola. 

Quanti siete oggi, a fare il circolo, a mettere in piedi tutte queste cose e a seguirle… 

Tesserati formali saremo un centinaio… perché alcuni arrivano da persone che fanno la tessera per usufruire dei servizi, presso la sede provinciale e poi, per competenza territoriale, ci vengono proposti… Su questo va sistemato un po’ il tempismo, per poterli contattare in tempi rapidi e fare una proposta di partecipazione… Di tesserati come persone che si tesserano direttamente da noi, perché conoscono il circolo, saremo una 50ina. Che ci diamo da fare con continuità saremo una decina, persone su cui contare anche per cose varie, una 20ina… Prevalentemente siamo nella fascia 40-50 anni. Poi ci sono gli universitari, i servizi civili che restano… 

Adesso abbiamo anche ripreso in mano il discorso condominio solidale. Abbiamo fatto una convenzione, sullo spirito del vecchio progetto Abraham, con la cooperativa Lavorare insieme (trovando massima disponibilità). Loro avevano ancora il patrimonio immobiliare che era arrivato dalla fusione della nostra cooperativa, che era qualcosa che era fuori dal loro specifico di lavoro ed era in una zona in cui non erano direttamente presenti. In questi appartamenti sono state inserite persone con una sorta di housing sociale. C’è una persona (che abbiamo trovato dallo sportello lavoro) che ha avuto con noi il tirocinio solidale ma che aveva bisogno di una casa. Le è stata assegnata questa casa, ma da sola faceva un po’ fatica a gestire la vita quotidiana… allora abbiamo trovato un’altra persona (sempre dallo sportello lavoro) per andare a fare le pulizie, ma non fa solo le pulizie, mentre va, dà un occhio un po’ a tante cose… Un’altra persona l’abbiamo conosciuta facendo una raviolata e parlando si raccontava della necessità di qualcuno che passasse a dare un occhio ed una mano ad alcune situazioni e si è proposta: “vengo io” e così due volte settimana passa… La cooperativa gestisce gli appartamenti, gli affitti etc. Il circolo si fa carico di alcuni costi e della regia di alcuni aiuti, più o meno formalizzati… Adesso abbiamo appena ospitato una donna che viene da un altro Paese e che ha 4 figli e l’abbiamo conosciuta tramite il figlio maggiore, che ora è maggiorenne e con cui abbiamo attivato un tirocinio… Il nostro ruolo è di far fronte, con una rete di volontari, a far funzionare il condominio e ad essere sentinelle. 

Visto che siete una realtà molto consapevole dei vostri processi… vi chiedo, in base alla vostra esperienza, cosa può fare una sede provinciale o regionale o nazionale per supportare realtà come la vostra? 

Beh, come avrai capito ascoltando, tutto dipende dalle persone. Le cose si fanno se ci sono persone che vogliono farle. Quindi la prima cosa che si può fare è cercare persone che vogliono fare ed entrarci in contatto. E poi, anche come provinciale, non essere solo una struttura. La cosa che per noi è stata bella ed importante è stato, con la rete lavoro del provinciale, non avere a che fare solo con una struttura, ma con una persona. Quando c’è qualcuno che ti parla, ti chiama, che tiene a mente le storie, che ti sta al fianco… Questo crea qualcosa di diverso…

E cosa può fare un circolo, dove magari le persone e le energie sono poche… 

Tenere sempre aperti gli occhi. Stare sempre alla finestra. Noi ad un certo punto siamo andati a finire nella pubblica piazza. L’ex edicola del Paese ha cessato le attività ed è restata sfitta questa stanza, di 18mq, che era proprietà del panificio a fianco. Noi non abbiamo mai avuto una sede vera e propria, ad un certo punto ci siamo detti: non abbiamo disponibilità, diciamo al massimo 300 euro l’anno, ma proviamo ad andarci? Quando abbiamo raccontato chi eravamo e cosa volevamo fare ce l’hanno data gratis. Eravamo in piazza. C’era sempre qualcuno che passava a fare qualcosa o a chiedere qualcosa. Da lì abbiamo capito che c’era ancora da fare e il Paese ha capito che le Acli c’erano ancora. Da lì sono nate le iniziative successive… la cosa importante è tenere gli occhi aperti e costruire relazioni. All’inizio fare con gli altri chiede più tempo, ma poi si crea un tessuto e con ognuno che ci mette un pezzetto, si riesce a fare molto molto più che da soli. E’ un po’ la storia di Emmaus, tu vai, cammini, poi le cose succedono mentre cammini… Serve anche un po’ credere alla presenza dello Spirito, noi l’abbiamo sperimentato mille volte, la Provvidenza esiste! E poi serve non aver paura di fallire. Si cerca di fare del proprio meglio, ma non sempre va bene e non si risolve mai tutto. 

Cercando il circolo di Ciserano su Azione Sociale si può vedere una serie di attività dell’ultimo periodo…