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Circolo Acli Oscar Romero di Ciserano (BG): Un circolo sotto il cappello dell'incontro tra le tre grandi religioni che riscopre il lavoro

Il circolo Acli Mons Romero di Ciserano (BG). 

Chiacchierata con Franco Moro e Aldo Donzelli in occasione della Giornata Nazionale dei Promotori Sociali del Patronato Acli. 

Il circolo Acli di Ciserano, è nato negli anni 60, da qualche parte abbiamo foto delle manifestazioni del primo maggio di quegli anni, foto di piazza… C’era già un altro circolo Acli a Zingonia, nel quartiere operaio, ce n’erano altri a Ciserano, Verdellino, Boltiere... Poi sono state fatte scelte pubbliche che hanno portato a tante discussioni... è stata fatta l’ipotesi di una scuola unica a Zingonia, per tutti. La gente ha rifiutato e se lo ricordano ancora tutti, la “rivoluzione dei banchi” con tutti i genitori con i banchi in testa, che li riportano da dove sono arrivati. A ripensarci adesso, a distanza di anni, chissà cosa sarebbe stato se la storia fosse andata diversamente…ma, vista a quei tempi, la proposta sicuramente non andava bene. I palazzoni di Zingonia erano un fatto speculativo, accettare di svuotare i paesi per spostarsi lì voleva dire snaturare tutto il territorio. Di 5 comuni esistenti se ne voleva fare uno unico, invece si è raggiunto il contrario, in fondo oggi ognuno dei Paesi ha il suo “quartiere Zingonia”. In questo periodo il circolo è andato avanti, con fasi vive e fasi un po’ silenti…

Voi quindi siete presidente e vicepresidente del circolo?

Beh, in realtà io non sono più vicepresidente, da qualche settimana. Mi sono appena dimesso e abbiamo eletto una nuova vicepresidente, che è la ragazza che sta terminando il suo servizio civile presso di noi e che, tra le altre cose, è musulmana

Una vicepresidente donna, giovane e musulmana? Interessante, ci sono stati tanti anni di dibattito su questo in tanti momenti formativi Acli… ma forse oggi anche la Chiesa è cambiata…Anche altre associazioni cristiane stanno facendo nascere opportunità di accoglienza di persone da altre religioni…

 

Devo dire che la domanda di se fosse lecito o meno non ce la siamo proprio posti, per noi è stata una cosa naturale e di senso. Ci sono già state varie presidenti donne del circolo e poi la comune radice di Abramo tra le grandi religioni è uno degli assi portanti per noi, da sempre e anche ultimamente abbiamo riproposto un percorso di approfondimento su questo. E con l’esperienza di Molte fedi provinciale, la riflessione su questo è molto avanzata. Inoltre ci ha molto colpito perché, quando è arrivata, ha voluto molto approfondire tutti gli aspetti, seriamente, non ha avuto un arrivo alla leggera. Poi abbiamo condiviso un anno e oggi che è molto attiva e che sta finendo il servizio civile è venuto naturale farle questa proposta e lei e tutti l’hanno accettata molto volentieri. 

Cosa ha portato alla rinascita come circolo, dopo la fase un po’ “silente”? 

Eravamo tutti ragazzi dell’Oratorio, c’è stato un cambio del curato, che era quello che ci aveva un po’ formato a tutti noi, siamo entrati un po’ in contrasto con la parrocchia e ci siamo posti il problema: cosa facciamo?  Eravamo stati formati alla sensibilità sociale, alla continuità dell’azione, ci siamo posti la domanda su come proseguire la nostra formazione al sociale, da lì è nata l’idea di fare le Acli. 

E perché proprio le Acli? Come le avevate conosciute? 

Io da ragazzo ero metalmeccanico, le vedevo le Acli, quando facevamo le manifestazioni, un gruppo sparuto di bandiere bianche in un mare di bandiere rosse. Erano pochi, ma erano sempre presenti. Non conoscevo bene cosa facevano ma il primo aggancio è arrivato da lì. Poi siamo andati a parlare con il provinciale e abbiamo fatto un percorso formativo con loro, questo ha aiutato a valutare la compatibilità…


Quali sono state le principali iniziative?   

Beh, negli anni c’è stato davvero un po’ di tutto! Per esempio il Progetto Abraham è stata una bella cosa ed è un filo conduttore che torna, nel tempo.  Visto che eravamo in zona di piena immigrazione, siamo partiti con il progetto MOPL, Movimento primo lavoro, poi abbiamo fondato la cooperativa sociale 19 luglio che è stata banco di prova per la nascita dei centri di aggregazione giovanile in provinciale di Bergamo. Ci sono pubblicazioni in giro su questo in cui siamo citati. Io ero il presidente della cooperativa, perché come presidente anche del circolo davo più garanzia morale di indirizzo unitario. A cavallo tra circolo e cooperativa è nato il progetto “Abraham, unica fede per tre popoli”, siamo stati tra i primi a livello italiano, è venuto anche il presidente nazionale di quel periodo, Franco Passuello, a visitarci. E’ stata un’esperienza che abbiamo realizzato con il contributo di Regione Lombardia e provincia di Bergamo e con un mutuo nostro, come cooperativa, da più di 1 miliardo. L’iniziativa prevedeva la costruzione di appartamenti che poi, in parte, sarebbero stati assegnati in affitto e alcuni appartamenti che sarebbero stati assegnati a persone in difficoltà. Inizialmente l’accoglienza doveva essere temporanea, poi però ci siamo resi conto che serviva stabilità e abbiamo assegnato a famiglie per tempi un filo maggiore. Siamo andati avanti fino a che l’iniziativa ha retto. Poi, in quello che oggi si chiamerebbe housing sociale, sono entrate cooperative da tutta Italia, con gestione folle dei costi e noi nella nostra dimensione non reggevamo più. Si rischiava di perdere tutto, allora abbiamo scelto la fusione con un’altra cooperativa “Lavorare insieme”, sempre nata da MOPL, che poi era andata più in autonomia, come è anche normale per le cooperative: ci sono bilanci, decisioni da prendere, risposte da dare… non sempre è compatibile con le modalità di discussione associativa… Ci siamo fusi con loro. ma abbiamo mantenuto i rapporti, ad esempio la giornata di apertura dell’anno sociale 3 anni fa’, l’abbiamo fatta lì. 

Ci sono stati periodi più faticosi, come circolo, oltre che come cooperativa? 

Negli anni a cavallo tra il 2000 e 2015 c’è stato un po’ un tenere acceso il lumicino che magari non vedeva tanta prospettiva, ma che è stato ciò che poi ci ha permesso di rilanciare e passare il testimone. In parte eravamo in una fase di vita per cui le famiglie chiedevano più attenzione, in parte non mi ero trovato tanto in linea su alcune scelte delle Acli Nazionali… ma il circolo comunque andava avanti, sono state fatte iniziative sulla messa in rete dei bisogni delle famiglie, in quegli anni, uno psicologo veniva e raccoglieva argomenti che poi si rilanciavano in uno spazio comune. Erano iniziative che giravano attorno anche alle famiglie dell’oratorio… Le nostre icone in quel periodo erano persone come Monsignor Romero…

Poi cosa è successo? Oggi in che fase siete? 

Poi ci siamo riscoperti un po’ la L di Acli e abbiamo aperto gli sportelli lavoro e da lì il circolo è ripartito. Nel periodo covid facevamo iniziative online, io lo odiavo, mi vergognavo a stare in video… ma per tenere legato il Paese abbiamo intervistato il sindaco, il parroco, le associazioni, abbiamo provato a raccontare quello che eravamo, era un modo per sentire che c’eravamo ancora, come Paese... Abbiamo provato a mantenere una certa socialità… 

Siamo ripartiti con la rete lavoroAbbiamo aderito subito perché il lavoro era una delle “grazie” delle Acli, ci è venuto logico. Siamo partiti con l’idea di aiutare a fare il Cv. Subito ci siamo accorti che il CV per le persone che venivano era l’ultimo dei problemi. Arrivavano persone con tantissimi problemi, con storie complicate, con famiglie sfasciate.... Noi abbiamo avuto la fortuna di trovare una Assistente Sociale molto sensibile e abbiamo creato una rete con lei e con la San Vincenzo, il centro di ascolto Caritas. Abbiamo iniziato ad affrontare assieme i problemi che emergevano, nascosti dietro la richiesta di CV o di lavoro e quindi abbiamo iniziato a creare tirocini di inserimento sociale. 

Nel concreto succede che le persone vanno alla San Vincenzo, che distribuisce pacchi e quando prendono il pacco le persone della San Vincenzo chiedono “Hai un lavoro? No? Allora vai alle Acli a fare il CV”. E le persone arrivano e raccontando la storia, per fare il CV, emerge di tutto: casa, bollette… e con queste richieste noi siamo andati a prendere contatto con l’Assistente Sociale, per capire cosa anche il Comune può fare.  Mettendo insieme le forze si sono create borse lavoro.


Come si sono trovati i soldi per le borse lavoro? 

 

In parte dalla San Vincenzo o da altri, a cui abbiamo chiesto, in parte sono autofinanziate con iniziative come lo spiedo solidale, i pranzi, il primo maggio… Ciò che ha funzionato è stata la rete. Anche la San Vincenzo aveva l’esigenza di uscire dallo “schema pacco” e quindi hanno avuto piacere a cofinanziare alcune cose con noi, anche la Caritas. 

Chi sta allo sportello? Dove è il collegamento con i promotori sociali? 

Allo sportello siamo in 4. Come provinciale si è deciso di non dividerci in categorie: Promotori sociali e Volontari Acli, ma di tenere assieme tutti i volontari che agiscono volontariamente. Quindi noi siamo qui come Promotori, in base a questo lavoro volontario che facciamo con gli sportelli lavoro. Per fare i tirocini siamo andati in giro per il territorio, abbiamo preso contatto con le aziende. Ad un certo punto ci siamo resi conto che per alcuni ruoli c’erano più offerte che domande di lavoro, che non avevamo operai specializzati per ciò che le aziende cercavano. Allora abbiamo proposto alle aziende di investire sulla formazione e loro hanno visto che preferivano assumere una persona fidata e formata da loro stessi, all’interno, piuttosto che continuare a cercare persone che non trovavano o che poi non restavano. Sulla formazione ci ha aiutato Enaip e siamo anche stati fortunati, il primo incontro in una ditta di Zingonia ha fatto partire il primo tirocinio, da quel primo che è andato a buon fine ne sono venuti poi altri 6, alcuni anche 55enni che poi sono stati assunti. 

Così facendo vi siete assunti una bella responsabilità, come circolo, perché tutto si basava sul segnalare una persona “fidata”…

Si, ci siamo presi una responsabilità. Ma prendersi responsabilità è il mestiere delle Acli. Che è anche la responsabilità di non segnalare tutti. In alcune situazioni, per certi ruoli, abbiamo detto: questa persona non possiamo inviarla, perché non è ancora pronta… Ma non è andato sempre bene. Il primo CV è andato male. E’ stata una esperienza forte per noi, ce l’abbiamo appeso in sede quel CV. Era una persona rumena, dormiva in macchina, si è presentato con una completa sfiducia, ci abbiamo messo tempo a costruire un contatto reale. Ad un certo punto è emerso che io ero stato nel Paese da cui proveniva, questo ha fatto scattare un rapporto. Da lì si è costruito, quando i documenti per il tirocinio lavorativo erano pronti, lui è stato ricoverato in ospedale ed in pochissimo tempo è morto. Per noi è stata una botta. La sua storia, il nostro fallimento, il prendere consapevolezza di un caso di solitudine estrema, in un Paese come il nostro… 

Prendere contatto con solitudine estrema, rendersi conto che non sempre si riesce…

No, non sempre si riesce a risolvere, le botte restano, ma si continua a farsi interpellare da quello che succede. Tramite la San Vincenzo siamo venuti a sapere di una famiglia rom non mandava più la figlia a scuola perché, seppur giovanissima, era promessa sposa e per loro non poteva andare a scuola… E’ stato uno shock culturale per noi. Ci abbiamo anche lavorato sul tema dello shock culturale, di come, di fronte a certe cose che ti spiazzano, c’è bisogno di non giudicare, di comprendere che esistono culture diverse con valori diversi, ma anche di provare a fare qualcosa… 

Da lì è nata l’idea della scuola parentale, in cui però gli insegnanti non potevano essere i parenti, perché i parenti erano analfabeti. Abbiamo trovato una insegnante, che in quel momento non insegnava e che si è resa disponibile e che li ha accompagnati fino all’esame di terza media. 

Dopo questo primo caso l’Assistente Sociale ci ha segnalato altri ragazzi con problemi di apprendimento e che non riuscivano a rientrare in progetti consolidati. Abbiamo iniziato con un paio di ragazze universitarie, adesso sono in 8. Siamo andati con loro a Barbiana, a visitare la scuola e conoscere la storia di don Milani, per cui dopo abbiamo deciso di chiamare “I care” questa nostra iniziativa di sostegno scuola. 

Quanti siete oggi, a fare il circolo, a mettere in piedi tutte queste cose e a seguirle… 

Tesserati formali saremo un centinaio… perché alcuni arrivano da persone che fanno la tessera per usufruire dei servizi, presso la sede provinciale e poi, per competenza territoriale, ci vengono proposti… Su questo va sistemato un po’ il tempismo, per poterli contattare in tempi rapidi e fare una proposta di partecipazione… Di tesserati come persone che si tesserano direttamente da noi, perché conoscono il circolo, saremo una 50ina. Che ci diamo da fare con continuità saremo una decina, persone su cui contare anche per cose varie, una 20ina… Prevalentemente siamo nella fascia 40-50 anni. Poi ci sono gli universitari, i servizi civili che restano… 

Adesso abbiamo anche ripreso in mano il discorso condominio solidale. Abbiamo fatto una convenzione, sullo spirito del vecchio progetto Abraham, con la cooperativa Lavorare insieme (trovando massima disponibilità). Loro avevano ancora il patrimonio immobiliare che era arrivato dalla fusione della nostra cooperativa, che era qualcosa che era fuori dal loro specifico di lavoro ed era in una zona in cui non erano direttamente presenti. In questi appartamenti sono state inserite persone con una sorta di housing sociale. C’è una persona (che abbiamo trovato dallo sportello lavoro) che ha avuto con noi il tirocinio solidale ma che aveva bisogno di una casa. Le è stata assegnata questa casa, ma da sola faceva un po’ fatica a gestire la vita quotidiana… allora abbiamo trovato un’altra persona (sempre dallo sportello lavoro) per andare a fare le pulizie, ma non fa solo le pulizie, mentre va, dà un occhio un po’ a tante cose… Un’altra persona l’abbiamo conosciuta facendo una raviolata e parlando si raccontava della necessità di qualcuno che passasse a dare un occhio ed una mano ad alcune situazioni e si è proposta: “vengo io” e così due volte settimana passa… La cooperativa gestisce gli appartamenti, gli affitti etc. Il circolo si fa carico di alcuni costi e della regia di alcuni aiuti, più o meno formalizzati… Adesso abbiamo appena ospitato una donna che viene da un altro Paese e che ha 4 figli e l’abbiamo conosciuta tramite il figlio maggiore, che ora è maggiorenne e con cui abbiamo attivato un tirocinio… Il nostro ruolo è di far fronte, con una rete di volontari, a far funzionare il condominio e ad essere sentinelle. 

Visto che siete una realtà molto consapevole dei vostri processi… vi chiedo, in base alla vostra esperienza, cosa può fare una sede provinciale o regionale o nazionale per supportare realtà come la vostra? 

Beh, come avrai capito ascoltando, tutto dipende dalle persone. Le cose si fanno se ci sono persone che vogliono farle. Quindi la prima cosa che si può fare è cercare persone che vogliono fare ed entrarci in contatto. E poi, anche come provinciale, non essere solo una struttura. La cosa che per noi è stata bella ed importante è stato, con la rete lavoro del provinciale, non avere a che fare solo con una struttura, ma con una persona. Quando c’è qualcuno che ti parla, ti chiama, che tiene a mente le storie, che ti sta al fianco… Questo crea qualcosa di diverso…

E cosa può fare un circolo, dove magari le persone e le energie sono poche… 

Tenere sempre aperti gli occhi. Stare sempre alla finestra. Noi ad un certo punto siamo andati a finire nella pubblica piazza. L’ex edicola del Paese ha cessato le attività ed è restata sfitta questa stanza, di 18mq, che era proprietà del panificio a fianco. Noi non abbiamo mai avuto una sede vera e propria, ad un certo punto ci siamo detti: non abbiamo disponibilità, diciamo al massimo 300 euro l’anno, ma proviamo ad andarci? Quando abbiamo raccontato chi eravamo e cosa volevamo fare ce l’hanno data gratis. Eravamo in piazza. C’era sempre qualcuno che passava a fare qualcosa o a chiedere qualcosa. Da lì abbiamo capito che c’era ancora da fare e il Paese ha capito che le Acli c’erano ancora. Da lì sono nate le iniziative successive… la cosa importante è tenere gli occhi aperti e costruire relazioni. All’inizio fare con gli altri chiede più tempo, ma poi si crea un tessuto e con ognuno che ci mette un pezzetto, si riesce a fare molto molto più che da soli. E’ un po’ la storia di Emmaus, tu vai, cammini, poi le cose succedono mentre cammini… Serve anche un po’ credere alla presenza dello Spirito, noi l’abbiamo sperimentato mille volte, la Provvidenza esiste! E poi serve non aver paura di fallire. Si cerca di fare del proprio meglio, ma non sempre va bene e non si risolve mai tutto. 

Cercando il circolo di Ciserano su Azione Sociale si può vedere una serie di attività dell’ultimo periodo… 

CIRCOLO ACLI MORBEGNO (SONDRIO). UN CIRCOLO DOVE TANTE ASSOCIAZIONI HANNO LA SEDE.

Tradizionale presenza a Morbegno, il circolo Acli nasce nell’immediato dopoguerra (1949), sull’onda del movimento di ricostruzione del Paese seguito al conflitto mondiale. Il circolo si caratterizza per la sua intraprendenza, un tratto distintivo che lo rende riconoscibile anche oggi, attraversando con tenacia circa settantacinque anni di storia e numerose fasi evolutive. Nel tempo è cresciuto l’impegno al servizio del territorio, sostenuto da una intensa attività aggregativa e di partecipazione sociale a favore dei lavoratori e delle loro famiglie. Le prime porte di accesso alla collettività sono il servizio di Patronato e lo spazio bar dopolavoro, attraverso le quali il circolo di Morbegno svolge una importante funzione sociale per il proprio paese.

Danilo Ronconi, attuale presidente, è cresciuto nel circolo e con il circolo, diventando parte di una storia ricca e coinvolgente che, ancora oggi, ha un ruolo significativo nella vita della comunità. Insieme a Danilo ripercorriamo le tracce della presenza delle Acli a Morbegno, dalle origini fino ai nostri giorni.

 

Quali sono i tuoi ricordi sulla nascita del circolo?

Faccio parte del circolo da quando avevo sedici anni, adesso ne ho sessantuno: una storia lunga. Come capitava all’epoca, le parrocchie si facevano promotrici della nascita dei circoli Acli, anche per affermare la presenza della Chiesa nel mondo del lavoro: di questa sensibilità è figlio il nostro circolo. I soci all’epoca avevano individuato un terreno che è stato donato da un privato e qui hanno edificato parte dell’edificio che, ancora oggi, costituisce la sede del circolo. Nel 1950 è stata resa agibile la parte storica dell’immobile; una seconda parte, che si ricongiunge con l’originaria, è stata costruita successivamente, intorno agli anni ‘80. Sono stati i soci aclisti di un tempo a mettere in piedi la struttura, con le proprie mani e con il contributo ai lavori di quelle che potremmo definire le prime esperienze dell’Enaip, in una fase di ripartenza del Paese. Il piano terra ospitava la parte dedicata al ristoro, cioè il bar dopolavoro, mentre il primo piano era destinato agli uffici, con spazi per le riunioni e per le attività dei primi servizi. In particolare, all’epoca ospitava il Patronato. Considerata la fase di ripresa del Paese dopo la guerra, il ruolo del Patronato era basilare per il disbrigo delle pratiche e per l’assistenza alle pensioni di guerra e di invalidità. Solo dopo è stata la volta dello spazio bar e quella parte dell’edificio si è trasformata nel luogo embrionale che ha saputo dare vita alle diverse esperienze affermatesi in seguito: l’organizzazione Coldiretti, la CISL e altre realtà territoriali. Era la stagione in cui si esprimeva il proprio impegno politico, ci si confrontava sugli scioperi, sulle battaglie del mondo del lavoro del dopoguerra; un fermento questo che animava gli spazi del circolo e ne faceva un punto di riferimento per la mobilitazione dei lavoratori e lo sviluppo della coscienza politica. In proposito, c’era una battuta che si era diffusa nelle Acli del tempo, parlavano di noi come delle “Botteghe oscure di Morbegno”, rende l’idea giusto? I passi che hanno portato alla nascita del circolo sono di certo più densi e complessi: sto cercando del materiale che mi aiuti a ricostruire i dettagli, per esempio attingendo al giornale del movimento provinciale “L’Incontro”, il giornale del circolo molto attivo negli anni ’60 e ora edito on line.

Successivamente quali sono state le attività prevalenti di impegno a favore della città?

I successivi trent’anni sono molto corposi sul fronte delle attività realizzate: i corsi di formazione professionale, la realizzazione di attività sociali, mutualistiche e ricreative. Ci siamo avviati verso quella che potremmo definire una seconda fase, coincidente con la storia dell’evoluzione del welfare e del privato sociale. A partire dagli anni 80, il Circolo si caratterizza per la nascita di un movimento giovanile intraprendente, impegnato sulle tematiche della politica, della pace, della solidarietà e della cooperazione.

Nascono le prime cooperative sociali del territorio promosse dalle Acli, realtà che producono servizi alla persona come la Coop. INSIEME, oppure come la Cooperativa sociale Il Sentiero dedita alla creazione di opportunità lavorative per persone svantaggiate. Quest’ultima è una cooperativa florida che nel tempo ha ampliato molto la sua azione. A questo si affianca l’apertura di un punto di formazione professionale Enaip Lombardia.

Negli anni ’90 ricordiamo il momento di “mani pulite” e ciò che ne consegue. Il circolo si attiva con numerose iniziative pubbliche, campagne di partecipazione sociale e scuole di formazione politica. Nasce una lista civica di Morbegno, orientata al centro sinistra, espressione di molti dei soci del circolo che si impegnano per contrastare il decadimento politico dei partiti. Una lista che ha la responsabilità di governare il territorio per tre mandati. Il gruppo del circolo ha fornito un apporto determinante alla crescita di questa esperienza e alla vita politica e amministrativa del paese. Un impegno che non è venuto meno nel tempo, ma che in quegli anni segnava un passo in controtendenza rispetto alla predominanza nel territorio della presenza leghista. Eravamo, insomma, una delle poche anomalie della provincia.

Ci avviciniamo allo sviluppo recente del circolo Acli di Morbegno, quello che voi definite come la fase di “rilancio”. Di cosa si tratta?

Sì direi il momento di una vera e propria svolta, che collochiamo intorno alla prima decina degli anni 2000, con l’intenzione di rilanciare le originarie funzioni aggregative e di promozione sociale. Ci siamo messi in discussione come entità e nella modalità di gestione degli spazi, per individuare nuove prospettive. Questi pensieri sono stati al centro del Progetto Ri_Circolo, una progettualità sociale che punta ad un rilancio sia della struttura, che della sua funzione, per trasformarci in un circolo di comunità. Abbiamo sentito la necessità di un momento di verifica, in cui chiederci cosa serve alla città, quali bisogni, quali emergenze. Così è stato avviato un confronto con altre organizzazioni, con i cittadini, con un approccio di ricerca-intervento, un percorso di ascolto delle persone, della durata di circa due anni. In questa logica di sperimentazione, abbiamo acquisito consapevolezza dell’importanza di dare nuove risposte ai crescenti bisogni educativi e di protagonismo dei giovani. Da questo è scaturita l’idea della creazione di uno “Spazio Giovane”, un luogo appositamente dedicato ai giovani e a disposizione per l’uso (da novembre 2021).

Siamo partiti con interventi a carattere strutturale, riconvertendo gli spazi, in direzione delle esigenze individuate. Soprattutto il bar e il bocciodromo, che negli anni ’80 accoglieva principalmente pensionati e lavoratori di fine giornata. Gli anziani nel tempo hanno modificato le proprie abitudini, l’utenza è diminuita e con il covid si era azzerata. Il bocciodromo è stato riconvertito in uno spazio polivalente multifunzionale, destinato ad una fascia giovane della popolazione del territorio. Gli ammodernamenti della struttura della sede permettono la convivenza di alcune tipologie di spazi.

Con un coinvolgimento delle scuole secondarie di primo grado, si è attivato un servizio pasti attrezzato rivolto ai giovani che hanno necessità di scaldare e consumare il pasto insieme. In autogestione possono rifornire borracce, scaldare le vivande portate da casa, acquistare bibite pagando un costo irrisorio per il servizio. Il presidio dello spazio è garantito dall’intervento dei volontari di servizio civile, presenti almeno in tre.

Abbiamo riadattato i locali anche per ricavare degli spazi attrezzati per eventi musicali. Quello della musica è un veicolo importante per attrarre i giovani: accogliere i loro interessi, avvicinarli e poi aprire possibilità affinché il resto avvenga. Vengono organizzati circa 2 eventi al mese, con una partecipazione che spazia dalle 100 alle 200 persone. Attraverso questa opportunità si sono costituiti due gruppi di giovani che hanno deciso di affiancare alla musica degli eventi di approfondimento culturale - ad esempio incontri con esperti sul tema della disparità di genere, sulla violenza alle donne, sull’ambiente - oppure organizzano delle raccolte fondi. Alcuni di questi di recente sono stati indirizzati al sostegno della causa dei profughi palestinesi.

Per realizzare tutto questo avete messo in moto delle progettualità specifiche?

Abbiamo proposto dei progetti rivolti ai giovani partecipando ai bandi Fondazione Cariplo, della Fondazione Pro Valtellina (una delle fondazioni di comunità della Fondazione Pro Valtellina) e della Regione Lombardia. Preziose risorse che ci hanno consentito di ampliare le azioni, di inserire alcune figure professionali per qualificare l’offerta: una educatrice e una psicologa. Fondamentale è stato il sostegno delle Acli Provinciali, che inizialmente hanno contribuito alle spese di ristrutturazione e, in seguito, hanno messo a disposizione dei circoli una figura amministrativa part time, per il sostegno del loro operato. Periodicamente organizziamo anche degli eventi di autofinanziamento, indispensabili per fare fronte alle importanti spese di gestione della struttura.

La nostra progettualità è sostenuta da una filosofia di fondo che si basa sulla generosità, fiducia e reciprocità. Ad esempio, nei bandi inseriamo anche parti di attività, eventi, che i giovani intendono realizzare, aiutandoli a sostenersi e questo genera fiducia, questa attenzione ti viene restituita in termini di maggiore impegno, presenza e idee da parte loro. Evitiamo di porre ostacoli tipici del mondo adulto, buttiamo il cuore oltre all’ostacolo e li incoraggiamo a prendere l’iniziativa, in questo modo i gruppi si rafforzano e generano presenza, diventando attrattivi per altri.

Dunque, qual è lo spirito che anima il vostro fare nella e per la comunità?

Vogliamo favorire quel contagio per generare comunità in senso ampio, il cui valore di fondo è la fiducia e l’apertura. Lo spirito è quello della convivenza nello spazio, dove anime e realtà differenti esprimono le proprie potenzialità insieme, accettando le differenze. Offriamo in gestione gli spazi ad altre organizzazioni, ad esempio per la festa senegalese di autofinanziamento che realizzano ogni anno. Noi stessi siamo anche andati in Senegal per relazionarci con questi gruppi. Siamo la sede di alcune realtà locali: ospitiamo Libera, Amnesty International, la Proloco di Morbegno, l’Associazione Siro Mauro (per le cure palliative), il gruppo locale di burraco, l’associazione sportiva Tiro alla fune Valtellina, che recentemente ha vinto il campionato italiano in una categoria e altre ancora.

Dobbiamo contaminare e farci contaminare, incentivando processi di scambio e conoscenza, favorire la nascita e la vita delle associazioni e dei gruppi che svolgono attività sociali perché oggi il problema maggiore è l’individualismo e la conseguente indifferenza. Proponiamo un modello relazionale che condivida lo stile e le finalità della struttura, andando oltre a logiche mercantili e strumentali. Qualcuno non lo capisce e si allontana, molti invece si mettono in gioco e nascono dinamiche virtuose, di conoscenza, ascolto e collaborazione. Per esempio lo scorso anno abbiamo ricevuto la richiesta dei nostri spazi da parte di un gruppo LGBT di fuori provincia per un evento. Abbiamo proposto loro di fare un incontro conoscitivo e abbiamo invitato i gruppi che frequentano lo spazio e altri per incontrarsi, conoscersi e ascoltarsi. Ne è nata una serata a tratti commovente, che ha permesso a molti di abbattere i propri pregiudizi. Oggi a Morbegno c’è una associazione in più: Valtellina Arcobaleno. Grazie al principio della collaborazione possiamo seminare e costruire, nel presente, percorsi di futuro. Mi riferisco soprattutto allo Spazio Giovane. ai suoi servizi iniziali nel tempo abbiamo aggiunto delle attività laboratoriali che coinvolgono, aggregano e fanno incontrare decine di giovani, dallo scorso anno proponiamo un servizio di doposcuola gratuito ed ora stiamo lanciando un progetto di ricircolo del libro usato. Abbiamo anche fatto i conti: lo scorso anno lo Spazio Giovane ha registrato più di 5000 presenze e quest’anno andremo ben oltre.

In che modo potreste dire di essere Acli?

All’esterno del nostro circolo ogni giorno sventola la bandiera delle ACLI e campeggia una insegna: il nostro logo. Penso, però, che fondamentalmente siamo ACLI perché poniamo al centro il valore e la dignità della persona in una logica laica, coinvolgendo coloro che più di ogni altra cosa hanno a cuore l’uomo. Basterebbe questo tipo di presenza, tuttavia sono consapevole che serva anche promuovere la partecipazione organizzata. Molti, in questi anni, si sono tesserati per gratitudine, ora ci piacerebbe avvicinarli ai principi fondativi dell’impegno Aclista, a partire da quelli della Dottrina Sociale della Chiesa. La Chiesa sta vivendo una situazione molto complessa, che necessita di una importante azione di discernimento che parta dal basso, non possiamo delegare tutto alla figura di Papa Francesco. Vorrei anche trovare un nuovo modo per parlare di fede, soprattutto ai giovani, sperando che sia generativo di cose nuove. Infine mi piacerebbe creare degli eventi culturali di valore e soprattutto popolari, che non fossero di nicchia, bensì accessibili a tutti. In conclusione, possiamo dire di essere Acli perché siamo tra le persone, costruiamo tessuto sociale, comunità e ci impegniamo per il perseguimento del bene comune, facendolo con uno stile coerente ai principi della nostra associazione.

Il Circolo Acli FuckCancer Choir (Alessandria) - Il coro di chi lotta contro il cancro

Il Circolo ACLI FuckCancer Choir è il coro di chi lotta contro il cancro, formato da pazienti oncologici, alcuni dei loro familiari, insieme ad operatori sanitari e diretto da Stefania Crivellari. Una realtà canora creativa e benefica, attiva su tutto il territorio della provincia di Alessandria (e non solo), con esibizioni ed iniziative volte principalmente alla raccolta di fondi da destinare alla ricerca medica sulle patologie neoplastiche complesse, come il mesotelioma e il melanoma. Il progetto nasce nell’autunno del 2019, con il desiderio di trasmettere un messaggio di energia, forza e coraggio, coniugando l’arte con il concetto più ampio di "cura", affinché sia possibile condividere e superare quei momenti difficili che i malati oncologici attraversano lungo il loro percorso. Stefania è una biologa, appassionata di canto fin da bambina, quando faceva parte del coro di voci bianche della Val d’Aosta da cui proviene. Questo amore di Stefania per il canto e il desiderio di fare qualcosa per gli altri hanno incontrato la spinta di Federica Grosso, oncologa e collega, animata dalla ricerca di attività a favore dei malati oncologici che andassero oltre le mura ospedaliere. Il gioco è fatto: nasce il coro di FuckCancer Choir.   

Stefania Crivellari, ad oggi presidente del Circolo Acli, dialoga con noi e ci racconta gli sviluppi di quella che all’inizio era solo una proposta:  

Intanto, perché fra tante possibilità proprio il nome "Fuckcancer choir"?

Scegliere di far parte di un coro per noi vuol dire andare incontro agli altri, stare insieme per condividere un’idea, un percorso comune, trasmettere alle parole un significato di conforto, di speranza e di futuro. Eppure quello che più ci premeva è stato, sin da subito, comunicare con forza un messaggio di ribellione, di coraggio e determinazione che si opponesse alla paura e alla sofferenza. Quale miglior modo per fare questo se non optare per un nome forte e inequivocabile come questo? Quando l’ho proposto si sono tutti entusiasmati e nessuno ha pensato di proporre alternative. Ci siamo sentiti tutti rappresentati, senza preoccuparci se questa scelta avrebbe comportato delle difficoltà in futuro.

Quali sono state le attività iniziali di questa avventura? 

Tra i partecipanti al coro quasi nessuno ha un’esperienza canora alle spalle, ma l’intesa è stata molto forte da subito e ancora è in evoluzione. Abbiamo costruito un primo repertorio per poterci esibire e nel 2019 abbiamo partecipato alla seconda edizione del concerto di beneficenza "Sulle Note della Ricerca", organizzata dalla Lega Italiana Lotta Tumori di Alessandria. Abbiamo organizzato le successive edizioni del concerto, fino alla quinta edizione che risale al novembre del 2023. Nel 2020 abbiamo sostenuto con un concerto la candidatura della Chiesa di Gardella di Alessandria come Luogo del Cuore del FAI (Fondo per l'Ambiente Italiano). Ci esibiamo con delle magliette rosse e il nostro logo. Siamo entrati in piena pandemia nel 2020 e questo ha stravolto i nostri piani e dato una forte battuta di arresto alle attività. Nonostante il lockdown, in quel periodo abbiamo registrato a distanza un brano cantato insieme alla giovane cantante campana Cassandra Capasso ed è stato realizzato un featuring con l’Orchestra Casadei del brano “Ciao Mare”.

Nonostante la pandemia avete tenuto duro, immaginando come proseguire questo percorso. Cosa è successo? 

Quel periodo è stato terribile, non potersi esibire, convogliare la nostra energia positiva e condividerla con gli altri dal vivo. L’esperienza vissuta insieme seppur breve ha dato modo però al gruppo di consolidarsi e di sperimentare gli effetti benefici del canto corale, sulla mente e sul corpo. Ciascun componente, compreso il personale sanitario coinvolto, ha percepito il valore di questo impegno, avvertendo la necessità di un ulteriore passo in avanti. Potevamo offrire un contributo più ampio, supportando economicamente organizzazioni, fondazioni che si occupano di ricerca e andare incontro alle condizioni specifiche di alcune famiglie costrette a sostenere le ingenti spese derivanti dalle cure per patologie rare di cui sono affetti i propri cari. Dal 2019 ci eravamo fatti conoscere sul territorio e potevamo vantare di una certa credibilità, con i nostri concerti di beneficenza avremmo potuto raccogliere il necessario da donare o reinvestire in progetti di utilità sociali. Quindi decidiamo di strutturarci, di darci una configurazione diversa e diventiamo associazione (anche per poter pensare a nuovi progetti futuri): è così che incontriamo le ACLI nel 2021.  

In seguito quali altre opportunità vi si sono presentate? 

Nel frattempo si è definito meglio il nostro repertorio, spaziando tra i grandi successi della musica italiana, da Massimo Ranieri, Little Tony, Ricchi e Poveri, Raffaella Carrà, Rita Pavone a Tananai, Diodato, La Rappresentante di Lista e altri, con alcuni brani in lingua inglese. 

Dopo la pandemia, la nostra grande entrata in scena ha coinciso, nel 2021, con l’orgogliosa esibizione alla celebrazione dell'anniversario del Parco Eternot di Casale Monferrato, organizzato dall'Associazione Familiari Vittime Amianto (AFeVA). Successivamente, nel 2023, abbiamo vinto il Premio “Vivaio Eternot”, assegnato a enti che si distinguono per l’impegno nella lotta all’amianto.

Un’altra grande emozione l’abbiamo vissuta nel 2022 quando siamo stati ricevuti in udienza da Papa Francesco, occasione in cui abbiamo avuto l’onore di incontrarlo e di cantare in Piazza San Pietro. Il Papa ha avuto per noi parole meravigliose, apprezzando il modo speciale in cui uniamo la tenerezza alle cure. In un simile contesto le nostre magliette e la “sfrontatezza” diciamo così del nostro logo ha suscitato qualche malumore in giro, ma il Papa ci ha accolto con gioia e questo è stato il nostro più grande regalo.

Oltre all’attività concertistica, abbiamo portato in scena un musical inedito dal titolo “Essere Umani”, che narra delle storie di ciascuno del gruppo, facendo riflettere, divertire ed emozionare il pubblico, generando consapevolezza su questi difficili temi. Condiviso con gli altri il peso della malattia e delle sperienze diverse è più leggero e la musica ha uno scopo terapeutico. Tutti insieme, in un momento di svago, siamo più forti per affrontare le future battaglie.

Nel corso di questi anni di attività, abbiamo sostenuto diverse realtà impegnate nella ricerca scientifica, tra cui l’Italian Sarcoma Group, la Lega Italiana Lotta Tumori (LILT), l’Associazione Tumori Toracici Rari, la Fondazione GasliniInsieme, l’Unione Genitori Italiani contro il tumore dei bambini, l’Associazione Malati di Melanoma e molte altre.

Altri progetti che hai tralasciato di raccontare?

Siamo conosciuti e apprezzati nel territorio (svolgiamo delle attività anche fuori regione) per le nostre doti canore, allora abbiamo deciso di uscire un po' dai confini per cimentarci in un’attività di scrittura, mettendo nero su bianco la nostra esperienza di vita e di coro. “Spiegami questa strada” è il titolo del libro del FuckCancer Choir, scritto dai coristi nel 2022. Questo ci ha permesso di rivivere in modo autentico e senza filtri le difficoltà affrontate, ma anche gli slanci di coraggio, attraversando i diversi sguardi insieme: quello dell’operatore sanitario, del paziente, dei familiari. Le strade sono le nostre, ogni vita ha percorso un cammino ma le strade sono anche quelle che si sono incrociate grazie alla musica e al canto dando vita ad un percorso nuovo. Questo è stato un modo per conoscerci meglio ma anche per spingere a chi vive la medesima esperienza a raccontarla.

C’è qualche questione o tema che più nello specifico vi sta a cuore? 

Certo, la questione della prevenzione ci è molto cara e un aspetto determinante e spesso trascurato e la lotta inizia a partire dai piccoli gesti di prevenzione che possono salvare delle vite. Un’altra causa che ci coinvolge è quella della lotta all’amianto e a i suoi effetti devastanti. Nel nostro territorio questa è una realtà nota e vissuta sulla pelle di tante famiglie che hanno visto morire i propri cari per patologie correlate all’amianto, ancora oggi il tasso di mortalità attribuito all’Eternit è elevatissimo. Questa battaglia ci lega alla nostra comunità, ragion per cui la vittoria del premio “vivaio Eternot” è per noi significativa. Il parco Eternot è stato bonificato per accogliere le piante di “Davidia” (l’albero dei fazzoletti), i cui fiori ricordano i fazzoletti usati per asciugare le lacrime versate per la perdita delle persone care scomparse a causa dell’amianto. Un gesto simbolico che suscita emozione. Al nostro gruppo è stata regalata una di queste piante e noi la coltiviamo.    

Voi siete, oggi, anche formalmente, un circolo Acli. Come siete arrivati? Che cosa pensate di avere in comune?

Siamo arrivati alle Acli in modo inconsapevole. Io conoscevo le Acli perché usufruivo dei servizi ad Alessandria. Mi ero sempre trovata bene, avevo un contatto e ho provato a raccontare dei nostri progetti e di quello che intendevamo fare come associazione. Volevamo una casa dove stare questo sì, in modo da avere anche l’opportunità di essere maggiormente visibili e raccogliere i fondi necessari alla nostra causa. Ci hanno ascoltato ed è iniziato un rapporto finchè...eccoci qua. 

Ci riconosciamo molto nei valori Acli della solidarietà e dell’impegno al sociale, un’affinità che esprimiamo in quello che facciamo quotidianamente.

Siamo all’incirca vent’uno soci e più o meno sei ulteriori volontari, che ci supportano dal punto di vista organizzativo e anche con la logistica e il trasporto della strumentazione necessaria al coro. Sono preziosi questi volontari, non so se avete idea di quanto pesano gli strumenti! Puntiamo ad allargarci.

Le Acli provinciali. hanno tenuto il rapporto con questa esperienza sempre tramite me, ma la novità adesso è stata la creazione di un gruppo whatsApp che raggruppa tutti i circoli ACli del territorio. Può sembrare una cosa marginale ma questadea ha fatto la differenza. In quello spazio virtuale c’è la possibilità di confrontarsi, di vedere ciò che fanno gli altri e chissà, con il tempo, anche di conoscerci meglio e fare cose assieme: in fondo siamo un circolo ancora giovane!

Circolo Acli di Porcia Terra che Sorride (Pordenone) - Radio IGen talk: divulgazione attraverso la creatività

Radio iGen talk, è il progetto cardine del Circolo ACLI di Porcia Terra Che Sorride aps. Una webradio gestita da giovani, i cui argomenti principali sono la cultura pop e l'attualità. Il progetto è nato nel 2018 dalla mente (e dal cuore) della presidente dell'epoca Patrizia Beorchia ed è figlia di "DistrAzioni CreAttive" (un'attività per ragazzi di età di scuole superiori per attività che mira a trovare ed esprimere il proprio talento creativo). Patrizia, visto il coinvolgimento di tanti ragazzi, vuole trovare qualcosa che potesse continuare nel tempo, oltre i singoli eventi ed ha l’intuizione di una webradio come strumento. Il passaggio successivo è quindi una formazione con Massimo Salanitro, esperto tecnico radiofonico che aiuta a capire come mandare avanti una diretta radiofonico. 

Ne parliamo con Alessio Feletti, attualmente presidente del Circolo Acli: 

Intanto, perché il nome "iGen"?

Perché è un termine utilizzato per riferirsi alla Generazione Z (i nati tra il 1996 e il 2010) e considerando che gli speaker di questa webradio sono tutti ragazzi nati attorno a queste annate il nome ci è sembrato efficace e coerente.

Quali sono state le vostre prime attività? 

La nostra storia radiofonica inizia attorno a dicembre 2018, con delle prove di trasmissione e la nostra prima diretta che si è tenuta  il 6 dicembre 2018. Da allora abbiamo fatto diverse cose, come la trasferta a Radio Voce del Deserto o a Radio Palazzo Carli, fino ad arrivare a trovare sede al centro anziani di Porcia, nella “famosa” Via delle Risorgive che menzioniamo spesso durante le dirette.  

Quali sono le vostre altre attività? 

In questi 5/6 anni ci sono stati molti sviluppi e parecchi cambiamenti: il numero attuale dei nostri speaker radiofonici (tra chi è stabile e chi collabora saltuariamente) gira attorno ai 10, 11 ragazzi ed a volte vede qualche ospite d’eccezione. 

Da quest’anno inoltre abbiamo abbandonato la vecchia piattaforma Listen2MyRadio, che abbiamo usato finora per le dirette, passando a Youtube. Quindi in questo momento possiamo dire che ora gli speaker di Radio IGen possono ritenersi anche Youtuber. 

Da qualche tempo abbiamo iniziato a valorizzare molti di più i social, cercando di curare di più i contenuti e la loro forma. Inoltre stiamo valorizzanod le attività extra-radiofoniche, come le uscite al cinema. Quello che stiamo cercando di fare è costruire una nostra piccola “community”. 

Cosa intendi per community? Perché vi sembra importante costruirne una? 

Una community, per chi fa radio e per chi fa programmi su youtube, è un gruppo di persone che in qualche modo partecipa al tuo progetto, che ti supporta. E’ parte del progetto, lo rafforza. Sono persone che a volte puoi coinvolgere direttamente nelle attività. 

Ma quali sono i temi che vi interessano. Di cosa parlano le vostre dirette e i vostri programmi? 

Alterniamo argomenti che riguardano la cultura pop (film, serie TV, fumetti, anime e occasionalmente videogiochi) e argomenti di attualità (principalmente la politica, sia a livello nazionale che internazionale, ma anche tutto ciò che riguarda l’innovazione tecnologica. Per affrontare questi temi ci serviamo anche di ospiti. Confrontandoci con i nostri ascoltatori abbiamo constatato che i nostri punti forti sono l’atmosfera di convivialità che c’è nelle nostre dirette. Quindi il modo con cui parlare di un argomento è importante tanto quanto l’argomento di cui parlare.  

Voi siete, anche formalmente, un circolo Acli. Che impressione vi da questa cosa? Come vi sentite dentro questa definizione? Perché lo siete?

Noi siamo un circolo oggi perché l’idea iniziale della radio è nata dal Circolo Acli e perché, quando gli adulti che animavano quel circolo hanno lasciato l’impegno, le Acli di Pordenone ci hanno chiesto la disponibilità di prenderlo in mano. Abbiamo accettato perché le Acli di Pordenone sono sempre stati di supporto alle nostre idee e alle nostre iniziative e perché ci sembra che stare nella rete Acli possa essere un valore aggiunto per la nostra esperienza (ad esempio adesso Azione Sociale a volte rilancia i nostri post e tramite questo articolo ci possono conoscere a livello nazionale). 

Poi in ciò che facciamo siamo del tutto autonomi e ci piace la nostra autonomia. Sosteniamo le Acli provinciali, quando c’è bisogno, su altre iniziative. Ad esempio per l’iniziativa “Futuro al voto” parteciperemo per la comunicazione e come moderatori. Le persone che si sono associate alle Acli tramite la radio l’hanno fatto per motivi diversi. Alcuni per gratitudine per l’aiuto, altri per interesse ai temi sociali. Non c’è un motivo unico. 

In cosa vi piacciono le Acli (per come le avete viste) e in cosa vorreste che le Acli fossero un po’ diverse da come sono?

Beh, per una risposta su questo dovrei sentire gli altri del gruppo, confrontarmi… Ma se devo dire io da solo al volo direi che a volte alcune cose formali non sono semplici, ma la cosa più positiva è che c’è stato sempre un bel rapporto tra noi e le Acli provinciali e che non ci sono mai stati problemi nella relazione. Forse questo è la cosa più importante. 

Per ascoltare la storia della radio: 

https://www.youtube.com/watch?v=KVi9FpKj24s

Il canale youtube della radio: 

https://www.youtube.com/@igentalk 

 

Il circolo Acli di San Martino a Sanremo: porto aperto alle opportunità e agli incontri

Dal 1958 spazio libero e accogliente del quartiere San Martino” c’è scritto sulla pagina facebook del circolo che in queste giornate, proprio in occasione della kermesse musicale più famosa d’Italia, sta organizzando con e insieme ai Giovani delle Acli tante iniziative su Europa, lavoro, prossime tornate elettorali e diritti. Proprio dall’incontro con il circolo San Martino, un po’ per gioco, è nata l’idea, che poi è cresciuta ed è diventata reale, di proporre una serie di eventi che possano sensibilizzare l’opinione pubblica su questioni calde e troppo spesso fuori dal dibattito mediatico, sfruttando la settimana in cui Sanremo è al centro di ogni contenuto mediatico. Perché questa é una delle funzioni dei circoli: costituire, per il solo fatto di esserci realmente, in un territorio, un'opportunità per qualcosa che ancora non si conosce ma che può realizzarsi. 

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