azsociale logo

azsociale logo

Azione Sociale - Acli - Lunedì, 02 Settembre 2024

LA BOTTEGA DELLE PAROLE APS (NAPOLI). NON SOLO UNA LIBRERIA, MA UN PARCO LETTERARIO, UN LUOGO DI APPARTENENZA, DOVE CULTURA E SOCIALITA’ GUARDANO ANCHE AI BAMBINI.

A Napoli esiste un luogo e delle persone che, con tenacia e in controtendenza, affrontano il segno dei tempi, alimentando lo spirito della comunità con la lettura, promuovendo quella dimensione culturale capace di legare assieme le persone. Myriam Gison, la presidente de “La bottega delle parole”, Circolo Acli di Napoli, spiega perché e come, nel 2011, un gruppo ristretto di persone decide di dare vita ad un progetto di editoria alternativa, che li conduce ad aprire una libreria, ma non proprio una libreria qualunque.

Così ricorda Myriam: “io insieme ad altri tre, in seguito ai percorsi lavorativi intrapresi, per troppo tempo abbiamo incrociato numerose realtà editoriali i cui i progetti di scrittura avevano mere finalità commerciali, nessun interesse e cura per la diffusione della lettura. Nasciamo come associazione di stampo editoriale nel 2011, nel tentativo di promuovere un approccio alternativo, un impulso che si trasforma in un vero obiettivo di promozione culturale sul territorio e si orienta, specializzandosi, verso la lettura ad alta voce con i bambini, per incoraggiare un avvicinamento positivo alla lettura fin da piccoli e creare occasioni di incontro.

Nel 2014, come esito quasi naturale di questo progetto, si sviluppa l’idea di aprire una libreria: esistevano diverse attività svincolate nel territorio, ma a mancare era un luogo fisico in cui vivere insieme una quotidianità, uno spazio dove costruire una comunità nel vero senso della parola. Così abbiamo fatto, ma quello che definiamo “lo spirito di comunità” che anima e sostiene il nostro lavoro si consolida successivamente, quando, nel 2018, vinciamo un bando di assegnazione per occupare un locale all’interno di un parco pubblico. Ci siamo trasferiti, raccogliendo l’esperienza di ciò che avevamo costruito fino a quel momento, ed è arrivato il riconoscimento e il supporto della comunità. Considera che qualche anno prima abbiamo rischiato anche di chiudere: la vicinanza è arrivata dalle persone, dal territorio, attraverso strategie di finanziamento come il crowdfunding e altro; insomma, in questa circostanza abbiamo compreso che il nostro non era un sogno di tre persone, ma una realtà condivisa da preservare. Questa consapevolezza, nel 2018, ci spinge a ri-orientare l’obiettivo e, a fianco della promozione culturale, cerchiamo di sperimentare attività che consentissero di vivere la libreria come un luogo di appartenenza. Non ci siamo risparmiati: abbiamo organizzato qualsiasi genere di evento di carattere musicale, di animazione con i bambini. Il fatto di essere collocati nel parco ci ha permesso anche di organizzare piccole feste, fino a quando per le persone questa non è diventata sempre più “casa”.

Quando avviene l’incontro con le Acli e cosa ha significato per voi?

Ecco quello è stato un momento importante e come si dice a Napoli noi “trasì e mett' 'o chiatto”, ci siamo affacciati in punta di piedi, con un approccio dapprima per la realizzazione di un baretto associativo all’interno del parco e poi stanno nascendo altre cose. Come per gli altri percorsi che abbiamo incrociato in modo fortuito, io personalmente nelle Acli ci sono un po' inciampata.  Credevo di essere ai margini, cioè non lontana, ma non in totale sintonia. Dopo mi sono riconosciuta in questo magnifico spirito di progettazione e apertura ai bisogni che nascono dalla condivisione, di cui le Acli sono capaci. Questo mi ha fatto “essere parte”, mi ha fatto sentire dentro alle Acli: il cercare di capire su cosa è importante concentrarsi, indirizzarsi e affrontarlo come un problema comune. Si è attivato un circolo di “burrAcli”, poi abbiamo ospitato nel parco, a ottobre dello scorso anno, una manifestazione grande, insomma sono tutti punti di contatto, per i quali siamo sostenuti dalle Acli.

Stiamo lavorando, anche ad una manifestazione rilevante, ovvero un concorso di corti rivolto alle scuole, sul tema della differenza di genere. In noi è nata la spinta di avvicinare i ragazzi all’educazione di genere, di cui si parla molto e poi in concreto si fa molto poco; questa esigenza, che si è tradotta in un concorso di scrittura in virtù della mia esperienza nel campo. Dopo però ci siamo posti una domanda: “ma forse i ragazzi vedono molti video?” ci siamo reindirizzati, progettando seguendo questa nuova idea, più in sintonia con i bisogni dei giovani. In questo agire, ritrovo molto lo stile delle Acli. In sostanza, le Acli per noi sono il tassello che mancava, quella componente che ci ha aiutato a strutturarci, offrendosi come punto di riferimento su molti fronti.

Quali sono le forze, le energie che vi sostengono? In quanti siete attivamente coinvolti in questo progetto?

Siamo partiti che eravamo in tre e siamo diventati un’infinità. Due di noi sono rimasti a pieno regime, il terzo socio per ragioni lavorative c’è, ma è meno presente. Siamo molti tenendo conto anche di chi ci supporta quotidianamente. Ora possiamo contare su una persona che abbiamo assunto con contratto, da quando abbiamo ottenuto la gestione dei servizi bibliotecari del Comune di Sangiorgio, però gli operativi, soci volontari sono circa, 22, 23. Inoltre, occupandoci di attività di animazione culturale, del bar e di iniziative nel parco, le persone che partecipano sono associate. Alcuni di loro sono venuti a donare delle piante di pomodoro da mettere a dimora. Quando abbiamo iniziato questo percorso, ci ha stupito la grande dotazione di capitale umano che gravita attorno a noi, non avremo il capitale finanziario, ma quello umano non manca. In questa realtà, chiunque viene si offre per dare una mano e alcuni hanno proseguito la strada con noi, si sono affiliati e hanno avuto anche un ruolo lavorativamente parlando.  Basta anche l’aiuto per cose semplici, come spostare le sedie, occuparsi dei cestini del pane, fino all’organizzazione di grandi eventi. Non abbiamo una strutturazione gerarchica così definita, giusto un minimo, ma chiunque supporta, mentre nelle altre associazioni che conosciamo, i ruoli sono molto più inquadrati, i confini meno permeabili. Faccio un esempio, abbiamo organizzato un festival per la letteratura dedicata all’infanzia e volevano tutti aiutarci a spostare le sedie. Vengono e dicono: “mio nipote si occupa di musica classica” ed a partire da questi input nascono manifestazioni incredibili, come una sessione di musica classica al pianoforte, nel parco. Anche l’idea del bar è nata dall’esigenza delle persone che frequentavano i nostri spazi, noi non avevamo quest’area di competenza diciamo; lo stesso vale per la musica, non sapevamo niente. Ogni estate portiamo avanti una rassegna che si chiama giovani in musica chiediamo ai ragazzi se vogliono esibirsi e mettiamo a disposizione lo spazio: come fanno gli artisti di strada, per far esibire i giovani che vogliono, per mettersi in gioco da parte delle persone. Le idee non si sviluppano a partire da decisioni preconfezionate di pochi, ma nascono come bisogni emergenti condivisi e poi trovano una strada per realizzarsi, con l’apporto di tutti.

Nel direttivo siamo nove e capisco che dovremmo avere un calendario degli eventi e delle proposte che intendiamo realizzare, ma grazie all’attività di front office con la libreria, siamo in contatto diretto con le persone dalle quali raccogliamo le proposte e poi man mano cerchiamo di attivarle. Così sta per nascere un orto da realizzare nel parco (esisteva prima del covid, poi non abbiamo potuto più portarlo avanti).

Siamo partiti con l’idea della libreria e ci siamo trasformati in Parco letterario, quando abbiamo vinto il bando CEPELL (Centro per il libro e la lettura), partecipando insieme ad una rete di associazioni con cui collaboriamo da anni, potendo contare ora di un impianto di filodiffusione per riprodurre la lettura delle storie: a breve, parteciperanno alla lettura anche i bambini. Su questo bando ci puntavamo e avevamo provato più volte, perché riguardava le letture dagli zero ai sei anni, quello in cui ci siamo specializzati, ma non eravamo mai riusciti. Poi un altro bando importante è con il ministero con i fondi PNNR, una nebulosa però, quindi vedremo. Invece con una cordata di associazioni (di cui parte di quelle con cui è stato vinto il bando CEPELL) abbiamo vinto un altro finanziamento, con l’intento di realizzare un ologramma di Carlo di Borbone che racconti la storia del “Miglio D’oro”, e su questo aspetto lavoriamo per dedicarci alle persone con problemi uditivi. Ci aspettiamo anche molta formazione del personale per l’accoglienza. Entri in un modo e poi ne esci attraverso un altro… la vita è così. Abbiamo delle opportunità interessanti con i bandi regionali e qui assieme al mondo Acli.

Il fatto di esservi orientati verso il mondo dell’infanzia è una scelta precisa? Questo è il vostro punto di forza o vene riconoscete altri?

La specializzazione verso il mondo bambini è stata un caso ed una folgorazione al tempo stesso. Quando ci hanno chiamato a fare lettura nelle scuole abbiamo compreso come esista un serio problema di educazione alla lettura, che parte proprio dalla dimensione scolastica. Leggere è uno sforzo che, se non adeguatamente accompagnato, può ledere il piacere che si prova leggendo. In una scuola ho promosso un percorso dal titolo “l’ora di lettura”, che ha modificato radicalmente la propensione dei bambini alla lettura, adesso sono giovani universitari che leggono i grandi classici. Eppure, costringere i ragazzi ad impegnarsi in letture faticose e vincolanti, non adatte a loro in una fase dell’età in cui non sono pronti, fa perdere solo lettori per strada. Quindi può essere utile fare un percorso inverso e poi non si possono eliminare tutti i cellulari del mondo, questo dobbiamo dircelo e dobbiamo tenerne conto. Quindi è necessario trovare un aggancio con i giovani e capire che siamo noi a doverci adeguare ad un linguaggio diverso, più vicino al loro sentire. Ora ci stiamo coinvolgendo anche nella formazione agli insegnanti, che continuano ad assegnare testi che non parlano più ai ragazzi. Noi che nascevamo per altro abbiamo intrapreso la strada dei bambini e dei ragazzi! Eppure, gli insegnanti continuano a non affidarsi a noi, alla nostra esperienza, malgrado poi siamo proprio noi ad incontrare gli stessi ragazzi delle loro classi nella libreria, impariamo a conoscerli e a comprendere i loro interessi di lettura. Quello che consigliamo loro è apprezzato perché dopo ritornano, ti raccontano cosa hanno letto e chiedono altro: per ciascuno qui è una grande soddisfazione.

Il più grande punto di forza crediamo è di aver immaginato il nostro come un progetto collettivo, anche se una tale apertura alla partecipazione predispone ad un livello di rischio più alto del fallimento. Ci siamo affidati, sperimentando in ciò che non era propriamente la nostra area di competenza. Abbiamo preso forma dando seguito alle richieste, ci siamo plasmati grazie al coinvolgimento degli altri. Mentre, la forza di quello che facciamo, che proponiamo è data dalla capacità di inserire i libri anche in percorsi ludici. Faccio un esempio: vieni al parco per portare i bambini alle giostre? Ti trovi una presentazione, un banchetto, un incontro… Facciamo in modo che le persone inciampino nei libri. Stiamo promuovendo un’altra iniziativa molto carina che si chiama “All you can read”, dove mettiamo in vendita libri usati a sostegno delle attività delle associazioni, al Kg o al metro. Se vieni al parco trovi tutto questo. Quindi anche lo spazio direi che è un nostro punto di forza. Lo spazio deve essere esterno, a contatto con gli altri, un luogo diffuso.

Stiamo proponendo anche dei campi estivi per ragazzi e adulti e da questa esperienza apprendiamo molto sulle nuove generazioni. Alcuni ragazzi che ci frequentano, che sono fruitori, già oggi vediamo in alcuni di loro la possibilità di diventare dei futuri librai, quelli che potrebbero seguire le nostre orme. Questo è meraviglioso.

Se ti dicessi Myriam, progetti per il futuro?

In una realtà come la nostra speranza e futuro sono la stessa parola. Lo abbiamo il progetto e, a dire il vero, è anche molto ambizioso: vorremmo creare un’esperienza culturale, editoriale di qualità aperta alle donne e, in particolare, alle donne madri. Il concetto che si cela dietro la nostra utopia è tanto evidente quanto tralasciato: sul fronte occupazionale la rinuncia delle donne madri appare come un destino già scritto. Se lavori in libreria, seppure per pochi spiccioli, puoi portare i figli con te, non devi scegliere tra l’uno o l’altro, puoi investire in cultura senza dover rinunciare, senza sensi di colpa. Il progetto ambizioso quindi parte dalla volontà di trasformare questa realtà in una fonte di lavoro e reddito soprattutto per donne, affinché si trasformi in una impresa culturale. Siamo stati per anni allevati con l’idea che con la cultura e l’arte non si mangia, per questo ti devi snaturare, oppure te ne vai da questo Paese. Noi rispondiamo diversamente: costruire qualcosa di diverso sul territorio, in particolare qui a Napoli, significa anche creare un’opportunità di occupazione. Utopico certo, ma intanto è importante gettare un seme. A Napoli erano sparite le fiere e noi ci siamo proposti per questa avventura organizzandone una dal titolo “Ricomincio dai libri”, pensando al fatto che compiamo quest’anno dieci anni e all’inizio nessuno credeva saremmo arrivati fino a qui. Proviamo e vediamo fin dove possiamo spingere questa utopia, non tutta insieme proviamo a realizzare “pezzi di utopia”. Quando parti se vedi la scala fino in cima sembra complicata, ma se inizi da un piccolo pezzo e poi ne aggiungi un altro, arrivi da qualche parte: la generatività è questo.